Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Al termine della catechesi all’udienza generale, Papa Francesco ha ricordato padre Richard Masivi Kasereka, il sacerdote congolese dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori, ucciso lo scorso 2 febbraio nel Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. In Aula Paolo VI era presente anche il confratello, padre Banyuzukwabo Laurianus Tuyisabe, cappellano degli extracomunitari nella diocesi di Aversa, in Italia. A Vatican News padre Laurianus sottolinea che le parole del Pontefice sono di conforto, una spinta per non lasciarsi abbattere. “Noi sappiamo che anche se moriamo – aggiunge – saremo un seme di speranza per il popolo che serviamo”.
“La morte di padre Richard – ha detto Papa Francesco all’udienza generale – non scoraggi i suoi familiari, la sua famiglia religiosa e l’intera comunità cristiana di quella Nazione ad essere annunciatori e testimoni di bontà e di fraternità”.
Ci sentiamo confortati. Quando il Papa ha nominato il nostro confratello, padre Richard, ci siamo commossi. Io lo conoscevo personalmente. Nella parrocchia dove padre Richard era stato nominato parroco – la parrocchia di San Michele Arcangelo a Kaseghe – ho vissuto due anni prima di essere trasferito in Italia. Il Papa, ricordando il nostro confratello, ci ha dato una spinta per non lasciarci abbattere e andare sempre avanti, sapendo che il Signore cammina a nostro fianco. Di questo siamo convinti. Sentendo che il Papa ha pregato per l’anima del nostro confratello padre Richard, siamo confortati e torniamo a casa con lo slancio di andare sempre avanti. Torniamo senza avere paura di quelli che uccideranno il corpo. Saremo sempre confortati dal Signore che ci ha mandato nel mondo per compiere la sua missione.
Sapendo che la morte non ha mai l’ultima parola…
Crediamo in Gesù Cristo che ha vinto il male, la sofferenza e la morte. Noi sappiamo che anche se moriamo, anche nella missione, saremo un seme di speranza per il popolo che serviamo.
Chi era padre Richard? Come possiamo ricordarlo?
Era il nostro confratello. Io l’ho conosciuto: abbiamo vissuto per vari anni insieme in seminario nella Repubblica Democratica del Congo. E poi in Kenya abbiamo proseguito gli studi teologici. Era un ragazzo molto forte e concentrato. Amava lo sport e voleva che ogni suo impegno fosse portato avanti nel modo migliore. Da poco era stato nominato parroco della parrocchia di San Michele Arcangelo a Kaseghe. Avrebbe festeggiato tre anni di sacerdozio il 21 febbraio. Quelli che lo hanno conosciuto ricorderanno questo di padre Richard: quando andavamo a trovarlo, ritornavamo con gioia. Tre giorni prima della sua morte ci siamo sentiti al telefono: con me condivideva il suo piano pastorale per la parrocchia. Mi chiedeva consigli e tutti si aspettavano un rinnovamento in quella parrocchia.
Quello di padre Richard è un omicidio su cui si deve far luce. Non si hanno molti elementi su questo brutale assassinio…
Non sappiamo la causa di questo omicidio. Era andato in una località a circa 40 chilometri dalla sua parrocchia per partecipare alla Giornata della vita consacrata. Al suo ritorno è stato ucciso da alcuni banditi. Hanno parlato di 17 colpi di pistola sul suo corpo. Una cosa però è certa: in questa parte della Repubblica Democratica del Congo, nel nord Kivu, ci sono più di 72 gruppi di ribelli.
Nel Nord Kivu, dove è stato ucciso padre Richard – come ha anche ricordato recentemente il vescovo di Butembo – Beni – sono stati sferrati diversi attacchi e interi villaggi sono stati rasi al suolo…
È una situazione caotica. È la stessa zona dove ha perso la vita l’ambasciatore italiano Attanasio. In questo territorio ci sono tanti e vari gruppi di ribelli che nascono giorno dopo giorno. Tanti villaggi sono sotto il loro controllo. La situazione è difficile: il popolo soffre per l’insicurezza. Si viaggia senza la speranza di tornare vivi a casa. Tanti sacerdoti e religiosi sono stati uccisi. E tanti civili sono stati assassinati. Non passa una settimana senza che ci sia qualche persona uccisa. E non si sa chi siano gli autori di questi omicidi.