Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
A quasi una settimana dall’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai e del successivo tsunami che ha devastato le isole Tonga, nell’arcipelago del Pacifico iniziano ad arrivare aiuti da tutto il mondo. Lo riporta la Bbc. Giovedì sono atterrati i primi aerei all’aeroporto principale dell’arcipelago, sull’isola di Tongatapui. questo venerdì è la volta delle navi che erano partite qualche giorno fa. La prima ad attraccare è stata la neozelandese Hmnzs Aotearoa che trasporta 250mila litri d’acqua potabile e strumenti per desalinizzare e produrre altri 70 mila litri d’acqua dolce al giorno, che secondo l’Onu è la priorità principale in questo momento.
Aiuti anche da Australia, Gran Bretagna, Giappone e Cina
È salpata anche la nave australiana Hmas Adelaide, con a bordo degli elicotteri che serviranno per portare rifornimenti sulle isole più piccole e remote dell’arcipelago. Potrebbe arrivare a metà della prossima settimana. Anche la Gran Bretagna ha annunciato la partenza della sua Hms Spey e intanto ha inviato aiuti attraverso l’australiana Adelaide. Soccorsi in arrivo anche dal Giappone, che giovedì ha inviato uno dei suoi aerei militari, e dalla Cina, che ha promesso 100mila dollari in aiuti in denaro e forniture di emergenza.
Ripristinati in parte solo i collegamenti telefonici
Sono stati anche parzialmente ripristinati i collegamenti telefonici tra l’arcipelago e il resto del mondo, ha reso noto la compagnia di gestione della rete Digicel. Per la ripresa dei collegamenti internet occorrerà probabilmente almeno un mese, a seguito della rottura del cavo di comunicazione sottomarino. I disagi, ha aggiunto l’operatore telefonico, non potranno essere superati fino all’intervento di una nave specializzata, che dovrebbe partire dalla Papua Nuova Guinea nel fine settimana.
Le immagini della devastazione
Le prime immagini che arrivano dalla capitale Nuku’alofa mostrano edifici ricoperti di cenere, muri crollati e strade disseminate di rocce, tronchi d’albero e altri detriti. Secondo l’Onu, più dell’80% della popolazione dell’arcipelago è stato colpito dal cataclisma. E tra le urgenze maggiori c’è, come anticipato, quella dell’acqua potabile. “Le riserve d’acqua a Tonga sono state pesantemente contaminate dalla caduta di cenere e di acqua salata a seguito dello tsunami”, ha detto Katie Greenwood, della Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, denunciando il rischio di epidemie di colera.
L’ allarme della Fao per gli effetti su agricoltura e pesca
La Fao, agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, si dice molto preoccupata per l’impatto dell’eruzione e dello tsunami sull’agricoltura e la pesca. Con circa l’86% dei tongani impegnati nell’agricoltura, le stime iniziali indicano che circa 12 mila famiglie agricole, l’85% del totale, sono state colpite da questo disastro, spiega Xiangjun Yao, coordinatore subregionale della FAO per le isole del Pacifico.
I danni provocati dalla cenere vulcanica e dall’acqua salata
Una delle prime sfide è valutare il possibile impatto dello strato di cenere che copre parti dell’isola, così come i danni dello tsunami sull’agricoltura e la pesca. La cenere vulcanica può avere effetti dannosi gravi sulle colture e sul bestiame, a seconda del suo spessore, del tipo e delle condizioni di crescita della coltura, dei tempi e dell’intensità delle precipitazioni successive e della disponibilità di mangime e acqua non contaminati. L’inondazione di acqua salata, inoltre, avrà probabilmente colpito anche i terreni agricoli e c’è la possibilità di piogge acide.
Già prima, era in crisi alimentare il 23% dei tongani
Anche prima di quest’ultima eruzione del vulcano Hunga Tonga Hunga Ha’apai, circa il 23 per cento della popolazione di Tonga era colpita da insicurezza alimentare da moderata a grave. Il settore agricolo ha contribuito quasi al 14% del Prodotto interno lordo di Tonga nel 2015/16 e ha rappresentato oltre il 65% delle esportazioni. I principali prodotti esportati sono infatti kava, zucche, zucche, radici, noci di cocco, oltre alle pesce. La pesca o le attività legate alla pesca sono anche un’importante fonte di cibo, in particolare per le comunità che vivono nelle più remote delle 36 isole abitate di Tonga.
Una regione tra le più colpite dai disastri naturali
L’arcipelago di Tonga è infatti composto da 169 isole ed è uno dei 14 “Piccoli Stati Insulari in via di Sviluppo” (Sids) del Pacifico. La regione è tra le più soggette a disastri nel mondo, e ha già affrontato una serie di pericoli naturali tra cui cicloni, siccità (incluso El Niño) ed eruzioni vulcaniche. Tonga, Vanuatu, Isole Salomone e Fiji sono tra i 15 paesi più a rischio di disastri naturali estremi al mondo, tra cui la vulnerabilità alla crisi climatica.
Padre Licini: la mobilitazione delle Caritas del Pacifico
Tra le Caritas del Pacifico mobilitate per i primi aiuti di emergenza, c’è quella della Papua Nuova Guinea. Abbiamo raccolto la testimonianza del bergamasco padre Giorgio Licini, 62 anni, missionario del Pime e segretario generale della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, in Asia da più di 30 anni.
Come pensano di muoversi la Chiesa della Papua Nuova Guinea e la sua Caritas per portare aiuti alla popolazione delle Isole Tonga?
Qui le distanze sono molto consistenti, quindi quello che si fa come iniziativa generale, quando ci sono calamità di questo tipo è che le Caritas del Pacifico, oltre naturalmente le Caritas di altri Paesi e di altri continenti, mettono insieme risorse, essenzialmente finanziarie. Si cerca ognuno di contribuire con una cifra da inviare alla Caritas locale la quale poi decide come meglio impiegarla che cosa ordinare da fuori o acquistare sul posto se già disponibile. Noi non siamo in grado, naturalmente, di organizzare navi o aerei, questo lo fanno solo i governi. Le Caritas si aiutano reciprocamente e in quel modo poi aiutano la popolazione, nell’immediato del disastro e poi in modo più consistente successivamente con la ricostruzione o la riabilitazione delle strutture, delle comunità, delle scuole, degli ospedali e di qualsiasi struttura che viene colpita dall’evento. In questo caso si tratta di un’eruzione vulcanica, in altri casi sono stati, in passato, dei maremoti, tsunami, alluvioni e altre calamità naturali del genere.
Viste le difficoltà di comunicazione con le Isole, lei è riuscito a mettersi in contatto con la Caritas di Tonga o con conoscenti e amici che ha nell’arcipelago?
Purtroppo no, ho cercato in questi giorni, tra l’altro, anche col cardinal Mafi, che guida la Chiesa in Tonga ed è anche il direttore generale della Caritas del Pacifico. Però a causa di questa eruzione ed esplosione che avrebbe danneggiato il principale cavo sottomarino di comunicazione con Tonga, non esistono comunicazioni regolari con le Isole. Da quel che capisco il governo di Tonga riesce a comunicare solo via satellite con i governi della Nuova Zelanda e dell’Australia. Le comunicazioni regolari anche di internet o i messaggi attraverso Facebook, eccetera non passano a causa di questo guasto e pare che ci vorranno almeno tre-quattro settimane per ripristinarlo.
Nel disastro naturale causato dall’eruzione del vulcano, l’emergenza più grave per la popolazione è la mancanza di acqua potabile. Perché?
Succede che in queste zone vulcaniche, su queste isole – alcune delle quali sono coralline e non sono quindi caratterizzate da rilievi montuosi – di fatto non esistono sorgenti naturali. Esistono casomai dei pozzi profondi da cui attingere acqua, e la gente deve basarsi soprattutto sulla conservazione dell’acqua piovana. Quando arrivano queste eruzioni le polveri cadono poi sui depositi di acqua, sui tetti, nelle condutture e quindi rendono quell’acqua inservibile fino alle prossime piogge, che a volte possono essere anche abbastanza ravvicinate nel tempo, ma altre volte purtroppo no. In alcune circostanze bisogna aspettare anche dei giorni o delle settimane per avere nuove piogge. E quindi è chiaro che anche i principali aiuti che stanno arrivando dai governi vicini dell’Australia e della Nuova Zelanda sono soprattutto riserve di acqua potabile per far fronte a questa emergenza.