Antonella Palermo e Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
In Italia, mentre i dati di ieri registrano una netta impennata di contagi e vittime per Covid-19, si attendono dal Consiglio dei Ministri di oggi norme su quarantene e modalità di ingresso nei luoghi di lavoro. L’obiettivo del presidente del Consiglio, Mario Draghi, è quello di procedere verso una stretta per contenere il contagio. Il numero di positivi nelle ultime 24 ore – 170.844 – è il più alto raggiunto dall’inizio della pandemia; il dato di 259 morti è il maggiore dallo scorso 30 aprile. A livello nazionale – secondo i dati Agenas – il tasso di occupazione di posti letto sale al 19% e, in 24 ore, cresce in 17 Regioni. Le situazioni più critiche in Valle d’Aosta, Calabria e Liguria. Rischio zona arancione per Liguria e Sicilia. Intanto, anche tra i neonati c’è una forte incidenza della infezione – rilevano i pediatri – e consistente è la crescita del numero di ricovero tra i bambini.
La bozza dei governatori sulle quarantene
La fascia che tiene più in apprensione sia palazzo Chigi che i governatori è quella tra i 5 e gli 11 anni, quella cioè che per ultima è entrata nella campagna vaccinale. E così – è la proposta delle Regioni – alle scuole dell’infanzia si finirebbe in quarantena per sette giorni con un solo caso, mentre per le elementari e la prima media la quarantena e l’interruzione della frequenza si avrebbero se ci sono almeno due contagiati. Nel caso di un solo positivo si attiva l’autosorveglianza, con la raccomandazione di astenersi dalla frequentazione di ambienti differenti dalla scuola, senza testing. Per le scuole secondarie di primo (per i soggetti di età uguale o superiore ai 12 anni) e secondo grado, lo stop alla frequenza e la quarantena scatterebbero con un minimo di 3 casi. L’ultima parola, ribadiscono i governatori, dovrà però essere quella del Comitato tecnico scientifico che in qualche modo dovrà garantire sulla stabilità sanitaria di tali decisioni.
Presidi: più controlli da parte delle istituzioni
La scuola figura tra i temi più caldi e su cui le posizioni istituzionali, del personale docente, dei genitori sono contrastanti. “Scuola in presenza e in sicurezza. Questa la priorità che il Ministro dell’Istruzione Bianchi, avrebbe ribadito nel corso di un incontro con i sindacati di settore. Malumori si registrano tra i presidi, come evidenzia Mario Rusconi, presidente dell’associazione presidi di Roma:
“Ci saremmo aspettati che il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa mettessero a disposizione delle scuole delle app per verificare lo stato della circolazione dell’infezione tra gli studenti. Finora invece non c’è assolutamente nulla”, osserva. “E’ stato già chiarito che non ci sarà nessun posticipo nelle aperture delle scuole”, aggiunge. Nell’istituto paritario guidato da lui nella capitale saranno fornite le mascherine ffp2, saranno garantite aule sanificate, ma – precisa – non tutte le scuole sono pronte a dotarsi di strumenti per una sicurezza completa, tanto che l’esigenza sarebbe “che lo Stato fornisse a tutti i dispositivi di protezione invece pare verranno fornite solo agli insegnanti di bambini che non possono essere vaccinati”. Inoltre c’è l’aspetto cruciale dei trasporti: “Ho sempre detto che c’è uno squilibrio tra l’azione di controllo a scuola, molto faticosa, e quella svolta sui mezzi pubblici, assai parziale”. La conseguenza è che tutto sia vanificato. “Per di più, se fai notare che qualcuno non indossa la mascherina in modo adeguato, ti aggrediscono. Occorre che le istituzioni esercitino fino in fondo la loro competenza”, conclude.
Sindacati: investire di più nella scuola, ci sentiamo soli
Preoccupazione viene espressa dal mondo del sindacato: secondo l’Anief, il ritorno in presenza “è folle”. “L’anno scorso con una curva di contagi dieci volte inferiore si ritornava al 50% a fare la didattica a distanza. Quest’anno con i casi in crescita esponenziale decidiamo che i contatti stretti non contano più nulla”, dichiara il presidente. Paola Serafin, segretaria nazionale di Cisl Scuola ed esperta in sicurezza, sottolinea troppi cambi di direzione:
“Ci sono difficoltà nella gestione delle classi. Ci siamo sentiti abbastanza soli nell’affrontare il sistema dei controlli. L’idea di chiamare in causa i militari o la protezione civile per venire in aiuto ci sembra opportuna”, commenta. “Non possiamo attendere periodi così lunghi per effettuare i tamponi. In Italia si continua ad investire troppo poco sulla scuola – scandisce – la strada è ancora troppo lunga. E’ una struttura ad alta densità relazionale, perciò dovrebbe ricevere più attenzione. Un passo avanti è stato quello di prorogare il termine contrattuale del personale (insegnanti e personale Ata) chiamato a lavorare per l’emergenza Covid”: una decisione considerata essenziale, e non scontata, per garantire la pulizia negli spazi scolastici. “Certo, ci si è arrivati dopo numerose sollecitazioni perché all’inizio non era previsto”.
Il rischio di vanificare l’accelerazione digitale
E’ cambiato qualcosa dopo i mesi della Dad, la didattica a distanza, e potranno esserci davvero miglioramenti con i fondi del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza? Risponde a Radio Vaticana-Vatican News Alessandra Migliozzi, capo ufficio stampa del Ministero per l’Istruzione e autrice del libro “La scuola non si ferma”:
E’ un testo dove si documenta come, nell’affrontare i problemi della Dad, la scuola abbia reagito con un’accelerazione insospettata dei processi di digitalizzazione. “Ora si rischia di disperdere le energie investite nella formazione degli insegnanti. Peraltro non è vero che solo il nord si è mosso, è stata l’Italia intera a mettersi al passo con i tempi”, spiega Migliozzi che aggiunge come siano sorti anche vari gemellaggi e sia maturata nei ragazzi l’esigenza di avere più scuola, anche al pomeriggio, contrariamente a ciò che ci aspetteremmo. “La scuola oggi è ancora l’unico ascensore sociale – conclude – quindi va protetta”.