Michele Raviart – Città del Vaticano
Il presidente della Somalia Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, ha annunciato la sospensione del primo ministro Mohamed Hussein Roble, privandolo dei suoi poteri. Una decisione che ritarda ulteriormente lo svolgimento delle elezioni e della nomina di un nuovo presidente. Il mandato di Farmajo è infatti scaduto lo scorso 8 febbraio e da allora non sono mancate le tensioni con il primo ministro. L’accusa del presidente è che Roble sia coinvolto in affari di corruzione riguardanti l’appropriazione di alcuni terreni, fattispecie su cui è in corso un’indagine, mentre il primo ministro aveva accusato Farmajo di stare sabotando il processo elettorale e di non voler organizzare “consultazioni credibili” nel Paese.
Uno stallo che dura da anni
“La decisione del presidente Farmajo è una decisione molto grave, che segue a una crisi già iniziata da tempo nei rapporti tra le due massime cariche istituzionali del Paese e che ruota di fatto attorno agli interessi elettorali in corso” – spiega a Vatican News Nicola Pedde, direttore dell’Insitute Global Studies – una decisione che è stata definita dalla stampa vicina al premier come un ‘golpe indiretto'”.
Elezioni difficili
La decisione di Farmajo di prorogare il suo mandato di due anni aveva causato nel 2020 una serie di scontri, soprattutto nella capitale Mogadiscio, che avevano causato oltre 600 sfollati. Una crisi apparentemente appianata con un accordo del 17 settembre 2020 in base al quale il primo ministro Roble avrebbe dovuto gestire il processo elettorale. Un percorso particolarmente complesso che doveva portare all’elezione dei due rami del parlamento e alla seguente nomina indiretta del nuovo presidente.
Solo il 10% di deputati eletti alla Camera bassa
“Le elezioni somale sono state caratterizzate da gravi ed evidenti problemi”, continua Pedde. “È iniziato il primo novembre scorso, ma avrebbe dovuto terminare il 24 dicembre con le elezioni della Camera bassa e (275 deputati) e i 54 membri della Camera alta, ma ad oggi solo il 10% dei deputati della Camera bassa è stato eletto (solo 24) e mancano completamente quelli della Camera alta e quindi il processo successivo per l’elezione del presidente sarà ulteriormente ritardato”. “C’è un’evidente difficoltà nella conduzione delle elezioni – ribadisce – e ci sono evidenti spinte da ogni parte del sistema politico per ritardarle”.
Il timore di nuovi scontri
“Non è poi ancora ben chiaro che cosa intenda fare Roble – conclude Pedde – perché alla notizia della sua sospensione in un primo comunicato rigettava di fatto la decisione del presidente mentre in un secondo si parlava invece di una continuità nel suo incarico di gestire le elezioni. Un messaggio che è di difficile interpretazione, ma che lascerebbe presagire la volontà del primo ministro di resistere alla decisione del presidente. La stampa somala ha parlato di un ingente dispiegamento di forze intorno agli uffici del primo ministro ed è quindi improbabile che possa continuare nel suo ruolo. Questo apre nuovamente alla possibilità che si ricada nella violenza”.