Isabella Piro – Città del Vaticano
Nove preoccupazioni, nove “piaghe” che attanagliano l’Africa Orientale, nove questioni che i governi di questa regione del continente sono chiamati ad affrontare con urgenza: sono queste le indicazioni che arrivano dall’Amecea (Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa orientale, che riunisce come membri i vescovi di Etiopia, Eritrea, Kenya, Malawi, Sudan e Sud Sudan, Tanzania, Uganda e Zambia, ed ha Somalia e Gibuti come osservatori). Al termine di una riunione di tre giorni, conclusasi a Nairobi, in Kenya il 2 dicembre, i presuli hanno diffuso una dichiarazione in cui denunciano le principali criticità del continente.
Il dramma in Etiopia e Sud Sudan
In primo luogo, emerge la gravità dell’insicurezza che attaglia l’Etiopia e il Sud Sudan, Paesi al centro di annosi conflitti. Nel primo caso, a contrapporsi dal novembre 2020 sono il governo di Addis Abeba contro le autorità della regione del Tigray, ritenuta colpevole di un presento attacco perpetrato dal Fronte di liberazione del popolo del Tigray contro l’esercito nazionale di stanza nella regione. Il Sud Sudan, invece, deve ancora rialzarsi dalle drammatiche conseguenze di un conflitto quinquennale che, dal 2013 al 2018, ha visto schierati su fronti opposti il presidente Salva Kiir ed il suo ex-vicepresidente Riek Machar, accusato di tentato di colpo di Stato. Le vittime della guerra civile che ne è seguita sono state 380 mila con 4 milioni gli sfollati, pari a un terzo della popolazione. Il confitto si è concluso con un Accordo rivitalizzato di pace, ovvero il “Revitalized Agreement on the Resolution of the Conflict in South Sudan – R-Arcss”: avviato il 12 settembre 2018, non è stato però ancora pienamente attuato.
Promuovere coesistenza pacifica
“Siamo rattristati dalle guerre e dalle violenze in queste nazioni – si legge nel documento episcopale – Molte persone sono morte e molte proprietà sono state distrutte. Ma la pace, che è la gloria dell’umanità, merita una possibilità. Esortiamo quindi le parti in causa a deporre le armi e desistere dagli arresti arbitrari, promuovendo una coesistenza pacifica”. In particolare per il Sud Sudan, l’Amecea incoraggia gli sforzi per una piena attuazione dell’Accordo rivitalizzato di pace, perché il ritardo con cui tale intesa viene concretizzata contribuisce alla crescente violenza intercomunitaria.
Appello al disarmo
Strettamente legato al dramma dei conflitti c’è anche il traffico di armi che alimenta le violenze nella regione: i vescovi denunciano con forza tale commercio ed invocano l’urgenza del disarmo. “La Chiesa – afferma la dichiarazione – promuove la pace come un concetto positivo e orientato all’azione”. In quest’ottica, sottolinea l’Amecea, il disamo non può essere inteso “semplicemente come un insieme di sfide amministrative”, ma deve essere attuato grazie a politiche specifiche che vadano oltre “i meri accordi tecnici”. Di qui, l’esortazione all’Unione Africana affinché sia davvero “all’altezza dell’impegno preso di mettere a tacere le armi”.
Le conseguenze della pandemia da Covid-19
Un’ulteriore, grave preoccupazione espressa dai vescovi dell’Africa orientale riguarda la pandemia da Covid-19: essa ha provocato non solo “una deplorevole perdita di vite umane”, spiegano i presuli, ma anche numerose difficoltà economiche ed un crollo dei mezzi di sussistenza per la popolazione, a causa del lockdown e della chiusura delle scuole. Per questo, i vescovi invocano “una equa distribuzione dei vaccini in tutto il mondo” ed incoraggiano i fedeli non solo a sottoporsi all’inoculazione del siero, ma anche a promuovere un ambiente sano, che rafforzi l’immunità tramite il rispetto delle normative igienico-sanitarie vigenti. Allo stesso tempo, però, l’Amecea esorta i governi dei Paesi della regione a “rispettare i diritti e le libertà individuali anche nell’attuazione dei protocolli anti-Covid”.
Contro la tratta, servono prevenzione, protezione e denuncia
Altrettanto forte è la preoccupazione dei presuli per il traffico di esseri umani, del quale l’Africa orientale – spiegano – è etichettata come “fonte, transito e destinazione”. Per questo, l’Amecea riafferma l’impegno della Chiesa ad intervenire “in ogni fase della tratta per proteggere le persone dall’inganno e dell’adescamento; per trovarle e liberarle se deportate e ridotte in schiavitù; per fornire loro un luogo sicuro” in cui sia possibile ricominciare una nuova vita. Prevenzione, protezione e denuncia sono i tre strumenti indicati dai presuli per combattere la tratta, insieme alla collaborazione tra le organizzazioni del settore e le agenzie governative, così da semplificare “le operazioni di frontiera nell’identificazione e nel salvataggio” delle vittime.
Urge soluzione per sfollati e per disoccupazione giovanile
La medesima collaborazione viene invocata anche per “cercare soluzioni durature per gli sfollati”, una questione che “rimane imperativa”, si legge nella dichiarazione. “La crisi dei rifugiati e degli sfollati interni in Africa – sottolineano infatti i vescovi – si estende dal bacino del Lago Ciad attraverso la regione dei Grandi Laghi fino al Corno d’Africa”, provocando un numero molto elevato di persone costrette ad abbandonare i loro luoghi d’origine. Ma non solo: l’Amecea deplora “la terribile situazione della disoccupazione” che colpisce “i giovani in tutta l’Africa e continua a minare il loro potenziale”, rischiando di farli finire tra le maglie “degli insorti e del radicalismo”. Ed è dunque per evitare questo rischio che i vescovi incoraggiano le giovani generazioni a “partecipare attivamente alle iniziative nazionali, regionali e continentali per migliorare le opportunità di lavoro” ed implorano i governi di “sviluppare e creare opportunità che possano dare potere ai ragazzi”.
Combattere radicalismo con dialogo interreligioso
Soffermandosi ulteriormente sul tema del radicalismo e dell’estremismo, sempre più presenti in Africa, i presuli ne individuano alcune cause nel “crescente divario tra ricchi e poveri”, nonché nella corruzione, nella cattiva gestione delle risorse nazionali, nella disoccupazione e nell’apatia interreligiosa. Al contrario, “l’estremismo violento – raccomandano i vescovi – si deve contrastare proprio attraverso il dialogo interreligioso e l’inclusione dei giovani nelle attività economiche sociali”.
Salvaguardia del Creato
Un ulteriore spunto di riflessione arriva, poi, dal tema della salvaguardia del Creato: l’Amecea si dice particolarmente preoccupata per il degrado ambientale e per le conseguenze del cambiamento climatico nella regione. Richiamando quindi i principî dettati da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, i vescovi auspicano, da parte di tutti, l’adozione di “uno stile di vita sostenibile”.
Collaborazione tra popolo e governanti
Infine, i presuli invitano popolo e governanti al dialogo e alla collaborazione reciproca: in particolare, i credenti sono esortati ad essere “proattivi nella prevenzione dei conflitti, intenzionati a fare la pace e a costruire la pace” nella regione, mentre i politici sono chiamati a “rispettare sempre l’espressione del popolo” nel contesto elettorale.