Il dialogo della spiritualità: i simposi dell’Antonianum e di Salonicco

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Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un’esperienza di confronto e dialogo sulle diverse esperienze spirituali, una delle prime tra università cattoliche e ortodosse, che in quasi trent’anni di vita “ha visto nascere relazioni fraterne e rapporti di amicizia sincera”. Così padre Luca Bianchi, frate minore cappuccino, vicerettore della Pontificia Università Antonianum, descrive i simposi intercristiani promossi dal suo ateneo insieme alla Facoltà di Teologia ortodossa dell’Università di Salonicco, ricordati da Papa Francesco nel suo discorso di sabato 4 dicembre all’Arcivescovado ortodosso di Grecia.

Padre Bianchi: un dialogo spirituale iniziato quasi 30 anni fa 

Parlando dello Spirito Santo come “olio di sapienza”, il Papa ha detto che iniziative come questi simposi, avviati nel 1992 grazie ad una intuizione di monsignor Yannis Spiteris, allora docente all’Antonianum e poi arcivescovo nella natia Corfù, “sono occasioni che hanno permesso di instaurare cordiali rapporti e di avviare utili scambi tra accademici delle nostre confessioni”. E padre Bianchi, 60 anni, di Busto Arsizio, ricorda con commozione l’ultimo simposio, tenuto ad Assisi nel 2018 (quello del 2020 in Grecia è stato annullato per Covid, si spera di organizzare il prossimo nell’estate del 2022), quando per la prima volta è stata celebrata una Divina liturgia ortodossa sulla tomba di san Francesco.

Ascolta l’intervista a padre Luca Bianchi (Università Antonianum)

Padre Bianchi, nel suo discorso all’arcivescovado ortodosso di Grecia, Papa Francesco, ha citato come esempio virtuoso di dialogo ecumenico i simposi intercristiani che organizzate con la Facoltà di Teologia ortodossa dell’Università di Salonicco. Come sono nati questi simposi, come si svolgono e con quale frequenza?

Sono nati ormai quasi 30 anni fa, nel 1992, sono simposi intercristiani, perché si confrontano teologi cattolici e teologi ortodossi. L’esperienza nasce da una bella intuizione di Yannis Spiteris che allora era professore nel nostro istituto e in altre università pontificie e poi è diventato arcivescovo di Corfù, adesso è emerito. Lui aveva conosciuto alcuni professori della Facoltà teologica ortodossa di Salonicco, e quindi è nata questa idea di potersi confrontare tra professore e teologi delle due facoltà. Questi simposi avvengono ogni due anni, e si alternano una volta in Italia e una in Grecia. All’inizio erano addirittura annuali, quando sono nati, e sono un’esperienza di confronto reciproco non tanto sulle questioni teologiche, dogmatiche quanto sulle questioni spirituali. Il nostro è infatti un istituto di spiritualità e quindi questi simposi sono la possibilità di un confronto reciproco sulle diverse esperienze spirituali. E questo confronto, che ormai è così di lunga data, ha permesso che nascessero dei rapporti di amicizia, relazioni fraterne che hanno permesso quindi un confronto molto più sereno rispetto all’inizio, a 30 anni fa. E’ quindi un esperienza molto positiva di confronto ecumenico.

Si dice che c’è l’ecumenismo e il dialogo teologico, c’è l’ecumenismo del popolo, l’ecumenismo della carità, quello dei martiri. Ma l’ecumenismo della spiritualità è molto importante lo dice anche il Papa nel suo discorso…

Certo, il nostro tema è proprio l’ecumenismo spirituale, perché è più facile incontrarsi confrontando le proprie esperienze spirituali e le esperienze spirituali della propria tradizione. Per questo fin da subito il nostro primo simposio, aveva come tematica “Vedere Dio”, quindi l’esperienza di Dio, ed è stato la possibilità di un confronto a un livello subito spirituale. E anche l’ultimo simposio che abbiamo fatto, nel 2018 ad Assisi, aveva proprio questa tematica: “La spiritualità come provocazione per il mondo di oggi”, quindi il vedere come l’esperienza spirituale ha qualcosa da dire al mondo di oggi e per il tema dell’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi.

Nel suo discorso, il Papa ha detto di apprezzare molto l’importanza che la Chiesa ortodossa dedica alla formazione e alla preparazione teologica. Nei docenti che incontra nei simposi intercristiani che organizzate nota questa preparazione?

Assolutamente sì, e credo che sia crescente l’attenzione anche della Chiesa ortodossa a che cresca la formazione anche di loro sacerdoti. Tenete presente che la grande maggioranza dei professori di teologia sono professori laici e che hanno fatto studi spesso anche non solo in Grecia, ma anche alcuni in Italia, altri in Germania, quindi è una preparazione teologica anche di confronto con le realtà al di fuori della Chiesa ortodossa e questo certamente aiuta la reciproca conoscenza delle diverse tradizioni e, di conseguenza, anche la possibilità di un confronto ecumenico più profondo.

Abbiamo parlato dell’importanza del dialogo spirituale. Ma quanto sono importanti per il dialogo ecumenico gli scambi anche accademici, quindi culturali, tra le due Chiese?

La nostra tradizione di simposi intercristiani è proprio una delle prime di confronto accademico. Un altro dei pregi è il fatto che grazie a Dio anche nei momenti in cui il dialogo ecumenico si è raffreddato, la nostra possibilità di incontrarci è continuata e quindi il fatto che fosse un confronto accademico ha permesso che continuasse, nel corso degli anni. E il fatto che man mano sono nate anche relazioni di amicizia ha fatto sì che fosse un confronto sempre più profondo e non semplicemente astrattamente intellettuale.

Nei docenti che incontrate nei simposi, sente che anche in loro c’è il desiderio di arrivare il prima possibile a celebrare l’Eucarestia alla stessa mensa?

Sì, certamente, ed è un desiderio sincero, profondo di persone che hanno una profonda spiritualità. Io ho la grazia di aver di intrattenuto relazioni, diventate fraterne, con alcuni professori, come il professor Panaghiotis Yfantis, che ha studiato approfonditamente san Francesco, ha fatto pubblicare i suoi scritti in greco. Sono persone di grande spiritualità e quindi certamente il desiderio è di poterci incontrare alla mensa comune. E’ stato molto commovente, nel nostro ultimo Simposio, ad Assisi nel 2018, la Divina liturgia ortodossa che è stata fatta alla tomba di san Francesco, ed era la prima volta. Ed è stato un momento di comunione profonda e commovente, e veramente mancava solo la possibilità di vivere insieme lo stesso Corpo e lo stesso Sangue di Cristo.

In conclusione, padre Bianchi, lei crede che dopo lo storico viaggio di san Giovanni Paolo II ad Atene 20 anni, fa la sua richiesta di perdono per il sacco di Costantinopoli e la preghiera comune improvvisata con l’allora arcivescovo Cristòdoulos, il viaggio di Francesco e i suoi gesti di vicinanza, la vergogna e la richiesta di perdono per gli errori commessi da tanti cattolici, potrà far fare nuovi passi avanti al dialogo con i fratelli ortodossi di Grecia?

Sì, e sono molto contento che possa continuare questo dialogo e credo proprio che la via giusta sia quella dell’amore e dell’umiltà, quella inaugurata da Giovanni XXIII, continuata a Paolo VI e poi da Giovanni Paolo II, col suo viaggio e adesso Papa Francesco. La via attraverso la quale il Vescovo di Roma mostri questa capacità di andare umilmente incontro ai suoi fratelli, per vivere insieme momenti di una comunione che sia sempre più profonda, fino ad arrivare alla comunione completa.