L’incontro col Sinodo ortodosso di Cipro, il dialogo della fraternità

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La seconda giornata del viaggio di Papa Francesco a Cipro si apre nel segno del dialogo ecumenico, con due appuntamenti molti significativi. Il Papa raggiunge alle 8.30 ora di Nicosia (le 7.30 in Italia) il palazzo dell’Arcivescovado ortodosso di Cipro, per la visita di cortesia a sua beatitudine Chrysostomos II, guida della Chiesa ortodossa autocefala dell’isola. Dopo la presentazione delle delegazioni, è previsto l’incontro privato tra il Papa e l’arcivescovo, che ha 80 anni ed è stato eletto nell’ottobre del 2006. Segue la firma del Libro d’onore e il trasferimento in auto alla Cattedrale ortodossa di Cipro, che dista solo 100 metri dall’Arcivescovado, per l’incontro di Francesco con il Santo Sinodo. Sono previsti il discorso dell’arcivescovo Chrysostomos II e di Papa Francesco. L’incontro si concluderà con uno scambio di doni.

Morandini: gesti fraterni per superare la tensione del passato

Sugli incontri ecumenici di questa giornata e di quelli che il Papa avrà domani pomeriggio ad Atene, dove visiterà l’arcivescovo Ieronymos II, Vatican News ha parlato con il teologo ecumenico Simone Morandini, vicepreside dell’Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino di Venezia, rieletto da poco nel comitato esecutivo del Sae, il Segretariato attività ecumeniche, e attento osservatore dei passi compiuti nel cammino di dialogo tra i cristiani divisi.   

[ Audio Embed Ascolta l’intervista a Simone Morandini]                                                                                         

Professor Morandini, quello di Papa Francesco a Cipro sarà un viaggio importante per il cammino ecumenico della Chiesa cattolica e quella ortodossa nell’isola?

Direi che Papa Francesco in questa sua strategia ecumenica, che vede i viaggi e gli incontri con altre comunità cristiane come un passaggio decisivo, viene in una Chiesa nella quale c’è un passato di tensione, ma nella quale oggi, d’altra parte, dopo i gesti fraterni in occasione delle esequie di Giovanni Paolo II, dell’intronizzazione di Benedetto XVI e poi dell’intronizzazione dell’ arcivescovo Chrysostomos, c’è un clima sostanzialmente positivo. Quindi è un Pontefice ben accolto quello che a Cipro incontra la Chiesa ortodossa.

Li ha citato alcuni momenti significativi di questo dialogo avviato dal gesto dell’arcivescovo Chrysostomos II, che ancora prima di essere eletto come guida della Chiesa ortodossa di Cipro ha partecipato alle esequie di Papa Wojtyla. Questi suoi gesti, e anche la sua figura, hanno avuto un grande ruolo in questo cammino ecumenico?

Sì, direi che la figura di Chrysostomos ha segnato positivamente queste relazioni e si inserisce in quell’ecumenismo dei gesti, della prossimità e della carità che hanno iniziato, ai tempi del Concilio, Atenagora e Paolo VI, sostanzialmente, che per molti aspetti ha preceduto e tuttora precede e sostiene il dialogo teologico.

E in questo suo impegno per il dialogo con gli altri cristiani è stato sostenuto dal Santo Sinodo. Qual è il suo ruolo nella Chiesa ortodossa autocefala di Cipro?

Noi sappiamo che le Chiese ortodosse hanno la sinodalità episcopale come loro struttura caratterizzante. Ad ogni livello c’è una figura di riferimento: Chrysostomos è presidente del Santo Sinodo della Chiesa di Cipro, ma appunto all’ interno di un contesto in cui gli altri episcopi sono suoi confratelli alla pari. Così come il patriarca ecumenico Bartolomeo I ha soltanto un primato d’onore rispetto alle altre Chiese ortodosse.

Da Nicosia ad Atene da Cipro alla Grecia. Cosa ci può dire dell’evoluzione del dialogo tra cattolici e ortodossi in Grecia?

I rapporti con l’ortodossia sono indubbiamente molto cresciuti negli anni di Papa Francesco che ha, ad esempio, visitato, insieme allo stesso arcivescovo di Atene, Ieronymos II, il campo di Moria all’isola di Lesbo, un evento che colpì molto, con la presenza del Patriarca Bartolomeo. Fu una forte azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea e in particolare del mondo cristiano nei confronti del dramma dei profughi, che tuttora di fatto vivono in una situazione inaccettabile.

L’arcivescovo di Atene Ieronymos II è noto infatti per il suo impegno nel campo sociale e a favore dei migranti. Cosa ci può dire della sua figura?

Si tratta di una figura interessante, nato nel 1938, aveva iniziato con studi di Archeologia, studi bizantini e poi di teologia. I voti li ha presi relativamente tardi, quando aveva quasi 30 anni. Diventato vescovo nel 1980, nel 2008 è stato eletto come arcivescovo di Atene. Una figura quindi che unisce una dimensione culturale non irrilevante – ha anche dato alle stampe alcune pubblicazioni di archeologia cristiana – ad un’attenzione per la presenza della Chiesa ortodossa greca in un contesto che ha vissuto una crisi economica importante, nella quale anche l’arcivescovo ha fatto sentire la sua voce in difesa delle persone e delle componenti della comunità civile più disagiate, che più hanno patito le richieste di ristrutturazione economica degli ultimi anni.

Facciamo un passo indietro. Sono passati più di 20 anni dalla storica visita di san Giovanni Paolo II in Grecia, la prima di un Papa, nel maggio 2001, con la preghiera comune del Padre Nostro non prevista ma proposta da Papa Wojtyla, all’arcivescovado di Atene, e accolta da Christodoulos. Cosa è cambiato da allora? 

Credo che sia stato uno di quei gesti con cui san Giovanni Paolo II ha saputo spesso andare al di là di situazioni, come dire, bloccate, e al di là in qualche modo persino della sua stessa teologia. Qualcosa di analogo all’incontro di preghiera di Assisi, che ha dato una fortissima testimonianza di fraternità tra le religioni, al di là della considerazione teologica delle religioni. Così questa offerta della possibilità di pregare insieme nel contesto di Atene, in un contesto allora difficile, ha aperto le porte ad un dialogo che ha avuto momenti diversi poi, perché nella realtà locale, la Chiesa Cattolica presente in Grecia, piccola comunità, sperimenta anche la difficoltà di essere minoranza, e questo in qualche modo rende talvolta più difficile il dialogo. Certamente, comunque, il dialogo cattolico-ortodosso, che si svolge a livello generale, vede la Chiesa greca protagonista, insieme ad altre comunità ortodosse, e questo ha progressivamente portato ad un rasserenamento dei rapporti anche in sede locale.

Da San Giovanni Paolo II a Papa Francesco: il cammino di sinodalità intrapreso dalla Chiesa cattolica con Francesco, fino al Sinodo che si è avviato in ottobre, può agevolare il dialogo con queste e altre Chiese ortodosse?

Dobbiamo dire che per certi aspetti la prospettiva sinodale, che Papa Francesco ha rilanciato con tanta forza per la Chiesa Cattolica, prende un’esplicita ispirazione dallo stile ecclesiale ortodosso. Più volte è stato ricordato, sia nei documenti di Francesco, penso all’Evangelii gaudium, sia anche nel documento della Commissione teologica internazionale, quanto la prassi cattolica abbia da imparare da quella ortodossa in materia di sinodalità. In questo senso, questi percorsi, in qualche modo analoghi che si intraprendono adesso nella Chiesa cattolica, non possono che ispirare una possibilità di sintonia anche sul piano del dialogo strettamente ecumenico.

In conclusione, quali frutti ecumenici possiamo attenderci da questo viaggio di Francesco?

I frutti dei viaggi si misurano sempre su tempi lunghi. Certamente sarà un’ esperienza di fraternità, un’esperienza di incontro tra figure che nelle rispettive comunità sono dei punti di riferimento, un’esperienza anche di immersione nel concreto vissuto del popolo ortodosso, che sia a Cipro sia in Grecia accoglierà Francesco insieme alle piccole comunità cattoliche presenti. I frutti credo che siano la coltivazione della fraternità, l’esperienza della fraternità, e del suo progressivo approfondirsi. In attesa, ma evidentemente questo è qualcosa che è ancora dinanzi a noi, della possibilità di una piena comunione tra le due confessioni cristiane, che giunga ad esprimersi anche sulla possibilità di una comune partecipazione alla Mensa del Signore. Ma questo davvero ancora chiede un dialogo, un tempo, un cammino che non è certo quello che potrà realizzarsi in uno specifico viaggio in una realtà locale.