69.ma Giornata mondiale dei malati di lebbra: l’India ancora al primo posto per i contagi

Vatican News

Roberta Barbi – Città del Vaticano

“Ogni tre minuti si registra un nuovo contagio di lebbra nel mondo e un malato ogni 10 è un bambino”. Questi i dati aggiornati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riferiti da Guido Barbera, presidente dell’associazione “Voglio vivere” e membro del direttivo dell’Unione internazionale Raoul Follereau, in una dichiarazione pubblicata dall’agenzia Sir in vista della Giornata di oggi. “Il tempo medio di incubazione della malattia è di 5 anni, ma si può arrivare anche a 10 – ha continuato – con l’ovvia conseguenza che durante questo lasso di tempo gli asintomatici possono diffonderla”. Il morbo di Hansen è una malattia che colpisce la pelle e il sistema nervoso periferico, ma che con l’applicazione degli opportuni protocolli può essere tenuta a bada. Purtroppo non è così quando la diagnosi arriva tardivamente: “Molti malati non sono stati diagnosticati, il 64% sono ormai gravi e il 7% sono bambini – ha confermato ancora – ogni anno si contagiano almeno 15mila bambini e 11mila contagiati subiscono infermità irreversibili”.

L’aggravarsi della situazione con la pandemia da Covid

Nel rapporto annuale sulla lebbra pubblicato dall’Oms nel settembre scorso, appare evidente come questa malattia sia ancora un problema di salute pubblica in molti Paesi, eppure solo 127 Stati hanno fornito dati aggiornati al 2020, segno evidente della difficoltà di reperire informazioni con la sovrapposizione della pandemia da Covid. Secondo il rapporto, infatti, si rileva un calo dei malati del 37.1% nel 2020 rispetto al 2019, ma si confermano tra i Paesi più afflitti da questo problema l’India (al primo posto) seguita da Brasile e Indonesia. Preoccupante anche la situazione in Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Somalia, Sri Lanka e Tanzania. Soprattutto in Africa, secondo i dati riportati sul sito dell’Aifo-Associazione italiana Amici di Raoul Follereau, a causa della scarsa capacità di riconoscerne precocemente i sintomi, c’è ancora il 5.6% di malati di lebbra che riporta disabilità gravi, di cui il 4.3% sono minori di 15 anni.

Una lebbra, tante lebbre

Oltre alla battaglia per il controllo della malattia con effetti duraturi, raggiungibile attraverso l’impiego di farmaci efficaci a disposizione che implicano una diagnosi e un trattamento precoci, l’Oms individua come strumento per combattere la lebbra anche il miglioramento delle condizioni socio-economiche delle popolazioni più colpite. I programmi contro l’emarginazione dei malati, infatti, stentano a essere applicati e ci sono ancora diversi Paesi in cui la discriminazione verso queste persone è addirittura legalizzata. Le sfide per il futuro, dunque, riguardano sia il raggiungimento di zero trasmissioni, anche con la messa a punto di un vaccino, sia quelli di zero disabilità e zero discriminazioni.

Raoul Follereau e l’incontro con la lebbra

Raoul Follereau era un giornalista cattolico francese. Il suo primo incontro con la lebbra risale al 1939: durante un viaggio in Costa d’Avorio con l’adorata moglie Madeleine, dopo un guasto alla macchina il loro autista si rifiuta di proseguire. La coppia gli domanda perché e lui risponde semplicemente che “ci sono i lebbrosi”. In effetti, sul bordo della strada, che li guardano senza avvicinarsi, ci sono alcune persone sfigurate da una qualche malattia. Tornati in Francia, scoppia la guerra e i due, a causa del fervente antinazismo di Raoul, devono nascondersi in un convento di suore la cui madre superiora parla loro del progetto di costruire un grande centro di cura e riabilitazione per i malati di lebbra proprio in Costa d’Avorio. Per Follereau è una folgorazione. Quello che inizia come un aiuto per finanziare il progetto delle religiose che lo ospitano, diventa una ragione di vita. Dopo la guerra Raoul e la moglie iniziano un viaggio intorno al mondo alla scoperta della malattia dei “sepolti vivi” e intraprendono una serie di iniziative per raccogliere fondi e accendere le luci su questa patologia dimenticata. Nasce così anche la Giornata mondiale dei malati di lebbra nel 1954.

“Essere felici è far felici”

Nei due decenni successivi Raoul Follereau chiede all’Onu 4 milioni di dollari di fondi – l’equivalente del costo di un giorno di guerra – e arriverà anche a chiedere a Usa e Urss, che in quella fase storica si fronteggiavano sullo scacchiere internazionale, il corrispondente del costo di un bombardiere da devolvere nella lotta alla lebbra. Molte volte le sue richieste sono state disattese, addirittura derise. Ma altre volte no. Non resta inascoltata, ad esempio, la sua provocatoria richiesta, il giorno del proprio 60.mo compleanno, di 60 ambulanze in regalo. Gliene arrivano 104. Raoul Follereau si spegne nel 1977, dopo aver visto “un mondo inimmaginabile di orrori, di dolore, di disperazione” e dopo aver lottato tutta la vita contro “le altre lebbre”: indifferenza, egoismo, ingiustizia. Il 6 novembre 2007 la Congregazione delle Cause dei Santi ha dato il nulla osta per l’apertura della sua causa di beatificazione.   

Il pensiero a chi si impegna nel servizio ai malati

“Vicinanza a chi soffre per questa malattia” ma anche un’iniezione di “coraggio ai sanitari e ai volontari impegnati nel servizio a questi malati”. Così lo scorso anno, in occasione della Giornata mondiale dei malati di lebbra, Papa Francesco ricordava questo appuntamento. Nell’occasione il Papa ricordava quanto la pandemia attuale confermi il diritto alla salute auspicando anche, nei confronti della malattia di Hansen – dal nome del dermatologo norvegese che per primo nel 1873 ne isolò il batterio che la causa – che “i responsabili delle nazioni facciano sforzi contro la malattia e in direzione dell’inclusione sociale dei malati”.