Marco Guerra – Città del Vaticano
Il 2 luglio 1971, nasceva la Caritas italiana per volere di Paolo IV e grazie all’opera di don Giovanni Nervo. In questi ultimi cinquant’anni, l’organismo pastorale della Cei per la promozione della Carità ha contribuito a connotare sia il cammino della Chiesa italiana sia le politiche di assistenza e welfare dello Stato italiano.
Innervare il Vangelo nella società
Questa ricorrenza cade in un momento caratterizzato dalla pandemia, che mette ancora di più alla prova la rete di sopporto ai poveri e i volontari che la animano. In questo contesto si inserisce il percorso biennale della Caritas italiana che ha preso il via nell’ottobre 2019 e che è stato pensato inclusivo e coinvolgente di tutti gli organi e livelli di azione della Caritas: Presidenza, Consiglio nazionale, Gruppi nazionali, Delegazioni regionali, Caritas diocesane e personale di Caritas Italiana. Lo stesso organismo della Cei spiega che si tratta di “un cammino progressivo per rispondere, con metodo fortemente partecipativo, alle nuove sfide, in forme consone ai tempi e ai bisogni”. “Si tratta in altri termini – si legge ancora sul sito della Caritas – di far emergere la capacità di Caritas Italiana di cogliere le tendenze culturali, sociali e politiche, innervandole di Vangelo in modalità creativa e di confine, e in qualche modo anticipatoria. Tutto questo impone una ragionevole verifica della proposta pastorale e della funzione pedagogica della Caritas rispetto al territorio e ai contesti mutati”.
La preghiera con il cardinale Tagle
Nell’ambito delle celebrazioni per la ricorrenza per il cinquantesimo della fondazione di Caritas che coinvolge 218 Caritas diocesane, domani pomeriggio alle 16.00 ci sarà un momento di preghiera alla Basilica di San Paolo fuori le mura a Roma, con l’intervento del cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli e presidente di Caritas internationalis.
Monsignor Redaelli: attività di carattere pedagogico
“Paolo VI intuì l’importanza di creare un organismo che non fosse solo assistenziale ma avesse anche una attività di promozione di carattere pedagogico per far crescere la testimonianza della carità nelle comunità locali”, così a Vatican News l’arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas Italiana monsignor Roberto Maria Redaelli, che evidenzia lo spirito di fondo che anima la l’organismo della Cei: “Il volontario non è solo qualcuno che dà al povero ma impara dal povero, chi offre il proprio tempo a Caritas cresce nella sensibilità e nella carità”.
Contaminare le istituzioni
Vedere quindi nel povero il volto di Cristo e in questo modo cambiare anche i cuori di chi svolge volontariato. “Certamente c’è un assistenza concreta ai poveri, che si sa adattare ai mutamenti – spiega il presule – ma sempre con un’attenzione alla persona da ascoltare, non per niente le nostre sedi si chiamano centri d’ascolto e non di assistenza”. “Caritas diventa quindi lievito per tutta la comunità cristiana con una carità della porta accanto” dice ancora monsignor Redaelli parafrasando Papa Francesco. Secondo l’arcivescovo in questi cinquant’anni Caritas ha fatto anche un servizio di “advocasy”, ovvero “di capire quali sono le motivazioni del disagio e fare pressione sull’opinione e sulle istituzioni affinché pongano un’attenzione specifica su queste realtà, a volte suggerendo anche le modalità di intervento”.
Una nuova sensibilità e ancora tante sfide
In cinque decenni tante cose sono cambiate, a tal proposito monsignor Redaelli elenca i progressi fatti: “La sensibilità della società italiana su alcuni temi è cresciuta, pensiamo a temi della disabilità e della psichiatria rispetto ai quali Caritas è stata profetica. E’ molto cambiato anche il mondo del lavoro, tante persone vivono di lavori precari e stiamo cercando di rispondere a questi bisogni. Poi ci sono le emergenze nazionali, il “nostro battesimo” è stato il terremoto del Friuli”. Molte le sfide di oggi, sulle quali si sofferma il presule, tra cui la pandemia che ha prodotto “molti nuovi poveri”; monsignor Redaelli chiede un’attenzione specifica ai giovani che hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarlo, si sofferma infine sul tema della valorizzazione delle donne nel mondo del volontariato e il tema dei migranti, soprattutto “sulle forme di integrazione che li valorizzano come persone”.