Chiesa Cattolica – Italiana

30 anni fa iniziava Mani pulite, l’inchiesta che ha segnato l’Italia

Marco Guerra – Città del Vaticano

Il 17 febbraio del 1992 il magistrato Antonio Di Pietro ottenne l’ordine di cattura per Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio (casa di cura pubblica della città di Milano destinata agli anziani meno abbienti), che quello stesso giorno fu colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente per pilotare gli appalti della struttura. In questa vicenda, e nel successivo allargamento delle indagini, viene individuato l’inizio di una serie di inchieste giudiziarie sulla corruzione del sistema politico e istituzionale, condotte in Italia nella prima metà degli anni Novanta, che presero il nome giornalistico di Mani pulite o Tangentopoli.

Il crollo di un sistema cinquantennale

Quella lunga stagione di inchieste, arresti e processi arrivò a toccare personaggi al vertice dei partiti e dell’imprenditoria italiana, portando ad una vera e propria crisi del sistema politico ed economico e a quello che viene considerato, da storici e politologi, il crollo della cosiddetta ‘prima repubblica’, ovvero il sistema sociale, politico ed economico sorto dalle ceneri del secondo conflitto mondiale e durato per quasi cinquant’anni. Di fatto furono travolte e scomparvero le formazioni della coalizione di governo del ‘Pentapartito’ (Dc,Psi,Pri,Pli e Psdi) e le indagini colpirono solo parzialmente anche il Pds appena nato dal disciolto Partito comunista italiano.

L’inchiesta in cifre

Le inchieste di Mani Pulite accelerarono un cambio all’interno della classe dirigente italiana ma non mancarono le pagine più nere e controverse come quella dei suicidi (oltre 40) di persone coinvolte nelle indagini e spesso colpite da carcere preventivo prima del processo. Tra gli altri, si toglieranno la vita l’ex presidente Eni Gabriele Cagliari e il presidente Montedison Raul Gardini. In cifre l’inchiesta Mani pulite vide oltre 25mila avvisi di garanzia, 4525 arresti, 1300 condanne e patteggiamenti e 430 assoluzioni.

Torriero: debolezza politica divenuta una costante

“Mani pulite rappresenta lo smottamento della ‘prima repubblica’ e il grimaldello, l’apripista, della ‘seconda repubblica’: furono colpiti i due partiti principali di governo la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista e l’inchiesta sfiorò il Pci. In questo periodo fu introdotto nella comunicazione politica un lessico nuovo e molto importante è stato anche il cambiamento del sistema elettorale, il Mattarellum, che ha portato il bipolarismo di modello anglosassone”, così Fabio Torriero, docente del corso di Media, società e comunicazione politica all’Università Lumsa di Roma, mette in risalto i numerosi cambiamenti che scaturirono dalla stagione di Mani pulite. “In questa cornice – prosegue Torriero – sorge poi una costante, ovvero quella di una Repubblica con una politica debole che viene ciclicamente commissariata, ora dalla magistratura ora dai tecnici”.

Ascolta l’intervista a Fabio Torriero

Luci e ombre del cambio di classe politica

L’esperto di politica e comunicazione della Lumsa analizza altri aspetti di quella fase storica che restano irrisolti e che continuano a condizionare la vita politica italiana, tra questi il ruolo della magistratura e il populismo giustizialista che ha contaminato un po’ tutti i partiti. Torriero pone anche l’accento sulla necessità di rileggere con più obiettività le luci e le ombre della ‘prima repubblica’: “Si è trattato di una vera e propria decapitazione di una nomenclatura politica ed economica che in qualche modo difendeva una sorta di capitalismo nazionale, con i due principali partiti della maggioranza che erano garanti di questo equilibrio. La classe politica del dopo Tangentopoli ha guidato la deregulation, la de-statalizzazione e le privatizzazioni che hanno portato a nuovi scenari”.

L’esasperazione dello scontro

Con Mani pulite non sono cambiati solo i protagonisti della politica ma anche il modo di fare politica, l’organizzazione interna dei partiti e la comunicazione. “Finisce l’era del partito ideologico – spiega ancora Torriero – e nasce l’era del formazione post ideologica prima televisiva e poi informatica, in comune queste ultime due realtà hanno la semplificazione del linguaggio politico, il rivolgersi direttamente al popolo ma soprattutto l’esasperazione dello scontro, molto radicalizzato che poi i social hanno ulteriormente amplificato”.

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