Chiesa Cattolica – Italiana

25 aprile: l’Italia ricorda la liberazione dal nazifascismo

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Il 25 aprile del 1945 è il giorno in cui muove i primi passi un’Italia nuova e inizia un cammino che, tra le macerie della seconda Guerra Mondiale, sfocerà nella nascita della Repubblica. Anche in questo tempo, pur segnato dalla pandemia, la ricorrenza del 25 aprile viene celebrata con diverse iniziative. La prima è la deposizione da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di una corona d’alloro all’Altare della Patria. Ad accompagnarlo, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli. A seguire, l’omaggio ai caduti delle Fosse Ardeatine e infine, la deposizione di una corona presso la Sinagoga ebraica di Roma.

Mattarella: è necessario restare uniti

Nel messaggio inviato alle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, il presidente Mattarella ricorda “il sacrificio di migliaia di connazionali che hanno lottato nelle fila della resistenza e combattuto nelle truppe del corpo Italiano di liberazione, di quanti furono deportati, internati, sterminati nei campi di concentramento e delle donne e degli uomini di ogni ceto ed estrazione che non hanno fatto mancare il loro sostegno, pagando spesso duramente la loro scelta”. “Rinascita, unità, coesione, riconciliazione nella nuova Costituzione repubblicana, furono i sentimenti che guidarono la ricostruzione nel dopoguerra e che ci guidano oggi verso il superamento della crisi determinata dalla pandemia che, oltre a colpirci con la perdita di tanti affetti, mette a dura prova la vita economica e sociale del Paese”. “Ora più che mai – si legge nel messaggio – è necessario rimanere uniti in uno sforzo congiunto che ci permetta di rendere sempre più forti e riaffermare i valori e gli ideali che sono alla base del nostro vivere civile”.

I Papi e la guerra

Il 25 aprile si intreccia con pagine legate alla Seconda Guerra Mondiale e agli appelli per la pace lanciati da vari Pontefici dall’ultimo grande conflitto ad oggi. Pio XII ricorda, nel radiomessaggio del 9 maggio 1945, che “la guerra ha accumulato tutto un caos di rovine, rovine materiali e rovine morali, come mai il genere umano non ne ha conosciute nel corso di tutta la sua storia”.  Nella lettera enciclica Pacem in terris del 1963, san Giovanni XXIII sottolinea che gli orrori del secondo conflitto mondiale sono un monito indelebile. “Non si deve permettere – scrive Papa Roncalli – che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali si rovesci per la terza volta sull’umanità”. San Paolo VI ricorda, in più occasioni l’importanza del valore della pace. Nell’udienza generale del 26 agosto del 1964 sottolinea che la pace è “un bene supremo per l’umanità che vive nel tempo; ma è un bene fragile. Nel 1995, in occasione del 50.mo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, san Giovanni Paolo II rievoca quella pagina intrisa di dolore: “Sentiamo accanto a noi la sterminata schiera delle vittime della guerra”. Nel 2009, in occasione del concerto dei giovani contro la guerra, Papa Benedetto XVI ricorda quella “dolorosa pagina di storia intrisa di violenza e di disumanità: nessuno purtroppo riuscì a fermare quell’immane catastrofe: prevalse inesorabile la logica dell’egoismo e della violenza”. Nel 1945  Jorge Mario Bergoglio è un bambino. Dall’Europa arrivano in Argentina gli ultimi echi di una guerra che ha devastato l’Europa e in particolare l’Italia, la terra dei suoi avi. Dopo l’elezione come Pontefice, Papa Francesco ricorda spesso il dramma della seconda guerra mondiale. Nell’udienza generale del 6 maggio del 2015 esprime in particolare l’auspicio “che la società umana impari dagli errori del passato”. “Di fronte anche ai conflitti attuali, che stanno lacerando alcune regioni del mondo – aggiunge infine il Papa – tutti i responsabili civili si impegnino nella ricerca del bene comune e nella promozione della cultura della pace”.

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